Il titolo del film trae spunto dalle immagini di quattro piccole mosche, disposte in fila sulla retina dell'occhio di una persona assassinata. Cosa che induce gli investigatori a cercare qualcosa collegato ad esse, e cioè l'ultima immagine che ha visto l'occhio della vittima, prima di morire (ritenendo che sulla retina di una persona che sta morendo rimane impressa l'ultima cosa che essa ha visto). Arrivato alla soluzione dell'enigma, lo spettatore apprende che queste quattro mosche erano state prodotte sulla retina da un ciondolo che l'assassino portava al collo, e nel quale appariva imprigionata una mosca morta, fissata su un fondo, mi pare, di ambra.
Il ciondolo, ondeggiando da una parte e dall'altra, nel momento dell'assassinio, aveva impresso sulla retina della vittima quattro fotogrammi, le immagini dell'insetto contenuto nel gioiello in movimento.
Ma ciò non potrebbe mai avvenire, nella realtà (a parte la fantasiosa teoria dell'immagine catturata e fissata sulla retina) in quanto nell'occhio non vi è un otturatore, come nelle cineprese, e la mosca, ondeggiando, avrebbe potuto, tutt'al più, lasciare un'informe scia grigia, dall'esame della quale non si poteva capire niente. Scia provocata dal susseguirsi di numerose immagini della mosca in movimento, in rapida successione, e senza alcun vuoto fra un'immagine e la successiva. |